Ti racconto la mia fatica per diventare mamma.

Dopo 6 lunghi anni, la mia storia ha un nome: Riccardo.

In quel periodo di sconfitte, un aborto spontaneo, lacrime e paure, ho pensato davvero che non sarei mai diventata mamma.
Pochi mesi dopo le nozze abbiamo deciso di voler diventare genitori.
Ingenua, mi ero convinta che bastasse eliminare l'anticoncezionale per vedere un test positivo.
Dopo soli 3 mesi di tentativi ho iniziato a pensare che qualcosa non andasse.
"Ci provate da pochissimo, datevi tempo" era la risposta di chiunque.
Nel frattempo, un anno è volato via ed eravamo sempre più confusi.. perchè nessuno vuole visitarci e approfondire? 
Ho deciso di insistere ed ho trovato un ginecologo disposto ad ascoltarmi nonostante la richiesta generale fosse di attendere almeno due anni di tentativi.
I monitoraggi ci indicavano il periodo dell'ovulazione, quel momento perfetto per concepire.. ma non servivano.
Nel frattempo i mesi volavano e abbiamo iniziato le classiche terapie per provare ad "aumentare le probabilità". 
Pastiglie di ormoni per stimolare una maggiore ovulazione, integratori per promuovere la spermatogenesi.
Per noi tutto risultava inutile.
Passati i due anni finalmente approfondiamo, rimbalzando da un ospedale all'altro senza capire troppo bene quale fosse il percorso giusto.
Poca empatia, mille esami, visite, prelievi, la disperazione e nessun "ti capisco", e quel pensiero: "non sarò mai madre".

Sembrava che nessuno avesse un problema simile, le amiche intorno incinte, ovunque andassi pancioni e passeggini. Ma non per noi.
Piangevo, ogni giorno. 
Decido di sentire l'ennesima "campana" e miracolosamente trovo un medico che mi fa accomodare, mi guarda negli occhi e mi dice "la maggior parte delle coppie che rimangono senza figli è perchè si sono stancate ed hanno rinunciato. Non sempre si resta senza un figlio per una vera problematica ma a causa di percorsi sbagliati, di troppi tentativi e di una conseguente rinuncia. Lei vuole un figlio?" 
Ho risposto SI, in lacrime.
"E allora non mollate".
Era il primo medico ad avermi guardato la testa ed il cuore, prima delle ovaie.
Cambio centro, trovo un ginecologo dal carattere poco in linea col mio ma che, alla mia richiesta di aiuto per capire cosa non andasse nel mio corpo, mi disse: "Lei è qui per capire cosa non funziona o perché vuole un figlio?".
Pensavo che le cose fossero inevitabilmente collegate.. "Risponda alla mia domanda" mi disse con tono deciso.
Voglio un figlio.
Anche lui mi aveva toccato testa e cuore, rispondendomi: "allora concentriamoci ad avere un figlio".
Siamo usciti di li pieni di speranze e di prelievi da effettuare perché, finalmente, eravamo in lista.
2 mesi dopo sarebbe toccato a noi ma, dopo un mese da quella visita, il ciclo non mi arrivava.
"Sarà lo stress".
Un giorno qualsiasi all'improvviso decido di entrare in farmacia, mio marito mi guardava come fossi pazza, avevo appena comprato un test.
Positivo.
Probabilmente, essere entrati in una lista per la fecondazione assistita, ci aveva fatto rilassare completamente ed era accaduto un miracolo.
Ero rimasta incinta naturalmente.
Chiamo il centro, mi levano dalla lista e si congratulano.
Porto avanti la gravidanza per ben 4 mesi ma una minaccia d'aborto si protrae per alcune settimane, fino alla cessazione del battito.
Un'esperienza orribile, l'ecografia senza battito, le contrazioni, la corsa in ospedale.
Non c'era più e non avrei mai potuto abbracciarlo.
Il dolore è inspiegabile, solo chi ci passa può capire.
Dopo un mese prendo coraggio, richiamo il centro che però mi dice di aspettare nuovamente del tempo, dopotutto, se c'ero rimasta naturalmente poteva ricapitare.
La risposta peggiore che potevano darmi.
Passano altri due lunghi anni, finalmente torniamo in lista e dopo due mesi, per la prima volta, avevamo in mano la terapia.
Io, che ero sempre stata terrorizzata dagli aghi,  quelle punture sulla pancia me le facevo da sola, ogni sera.
Le giornate non erano facili: monitoraggi. attesa di sapere il dosaggio da iniettare, le punture a volte introvabili, le corse, la mia pelle che si rifiutava di continuare ad essere bucata.
"Non mollare" mi tornava in mente.
Arriva il giorno del prelievo degli ovociti e della mia prima sedazione totale. Ero terrorizzata. Nessuno mi diceva nulla, io non sapevo con chi confrontarmi, non conoscevo nessuno nella mia stessa situazione.
Mi sono risvegliata col ghiaccio sulla pancia e siamo tornati a casa senza sapere nulla.
Mi avevano solo detto che se si fosse formato almeno un embrione, mi avrebbero chiamata entro 3/5 giorni per effettuare l'impianto.
Giorni infiniti.
Il secondo giorno chiamo ma non mi dicono nulla. Il terzo idem.
Il quarto giorno squilla il telefono: "signora la aspettiamo domattina per l'impianto, l'embriologo le dirà quanti se ne sono formati".
Ero di nuovo terrorizzata. L'idea che potesse andare male mi distruggeva.
"Non mollare".
Ho comprato un bel pigiama, ho fatto la piega dal parrucchiere, mi sono "fatta bella" per il primo incontro con mio figlio. Non so perché.
Ho preparato il borsone e ricordo questo pensiero: "Vengo a prenderti".
Sono entrata da sola in quella stanzetta, mio marito doveva attendere fuori.
Se n'erano formati 4 ma 2 non erano sopravvissuti. Ne restavano 2.
Decidiamo di impiantarne uno solo, così da avere un altro tentativo a disposizione in caso di fallimento.
"Signora Romina, guardi lo schermo davanti a Lei, stiamo impiantando una blastocisti espansa in quinta giornata, l'ho posizionata bene in alto, mi raccomando resti sdraiata per le prossime due ore. Lo vede quel puntino sullo schermo?"
Lo vedevo benissimo. Ancora oggi è in assoluto il momento più emozionante che io abbia mai vissuto.
Era li, c'era davvero ed io non pensavo altro che: "resta aggrappato a me ti prego".
Mi avevano detto di aspettare 14 giorni e di non effettuare un normale test ma di prenotare un prelievo del sangue che avrei dovuto fare il 27 dicembre.
Il giorno prima della vigilia di Natale, al supermercato, passo davanti ad uno scaffale della para farmacia: "se fai il test normale e appare negativo ci roviniamo il Natale", mio marito aveva ragione ma non ero io a decidere, qualcosa mi stava dicendo di comprare quel test.
La mattina della vigilia di Natale mi alzo, apro il test, mi siedo in bagno sapendo di dover attendere 3 minuti per leggere il risultato.
Dopo soli 10 secondi mio marito mi sente urlare. Era gioia.
Quel puntino oggi si chiama Riccardo.


VERDE MAMMA nasce perché nessuna possa sentirsi sola come è capitato a me. Nasce per far si che chiunque possa avere un percorso più sereno e facile del mio. Nasce perché è una promessa che ho fatto a me stessa la prima volta che ho tenuto in braccio mio figlio.
VERDE MAMMA è dedicata a lui.